Uber: Odi et Amo. Perchè è la startup più amata (e finanziata) e più odiata di tutte
- UpPassenger
- 25 mar 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Vale 70 miliardi di dollari. Attira investitori. Ha rivoluzionato il concetto di trasporto, rendendolo più accessibile e fruibile. Eppure è una delle più odiate, in particolare (direi per ovvi motivi), dai tassisti. Fondata nel 2009 da Travis Kalanick e Garret Camp, Uber non ha fatto sicuramente molto per evitare una certa esposizione mediatica. Non di poco conto l'ultimo "problemino" inerente l'incidente mortale che ha coinvolto una Volvo XC90 a guida autonoma marchiata Uber. Ma partiamo dalle origini. I primi problemi avuti dalla compagnia riguardavano il rispetto delle leggi nazionali in tema di trasporti con conseguente sollevazione popolare dell'intera categoria dei tassisti. Non a caso UberPop, il servizio più celebre, è stato pressochè bandito ovunque. Questo servizio consentiva a chiunque avesse un'auto di proprietà di accompagnare gli utenti dell'app, senza alcuna licenza. I tassisti sono insorti invocando comportamenti concorrenziali palesemente "sleali" ed hanno ottenuto la chiusura del servizio. Uber ha più volte detto di essere un "sistema digitale" e non un servizio di trasporto passeggeri. Sotto questo punto di vista ritengo giuste e fondate le richieste della categoria, in considerazione di aspetti fondamentali inerenti la sicurezza e la tutela dei passeggeri, anche se è opportuno riflettere sulla diminuzione dei costi di trasporto per renderli accessibili ad una platea più numerosa di consumatori. La risposta dell'azienda californiana non si è fatta attendere, dato che ad oggi ha riformulato interamente le sue offerte, le quali assomigliano sempre di più al servizio di Noleggio con conducente (UberX, Uber XL, Uber Berline, Uber Green). Attraverso questi servizi è possibile noleggiare un'auto e scegliere tra differenti offerte, differenziate sulla base dei veicoli utilizzati. Di fatto Uber si è adeguata al contesto del mercato e alle norme che lo regolano, prendendo spunto da alcuni ricorsi effettuati dai propri autisti (come il ricorso accolto il 13 febbraio 2015 dal giudice di Pace Giovanni Gualandi e presentato da un autista Uber sanzionato mesi prima come tassista abusivo, il quale ha sostenuto che UberPop fosse più simile al Ncc). Tuttavia la giurisdizione, europea e non, deve prendere una decisa direzione: regolamentare il settore sulla base delle innovazioni digitali e dunque liberalizzare il mercato, oppure proteggere e tutelare la "casta" dei tassisti ribadendo le regole già esistenti. Sulla base dell'esito delle battaglie legali affrontate da Uber in questi ultimi anni, ci sentiamo di dire che probabilmente la direzione presa è la seconda, sebbene la legge abbia lasciato aperti piccoli spiragli per i servizi più borderline. Aspettative e ambizioni sono elevate: trasformare l'azienda in una "flotta urbana" con taxi volanti entro il 2020 (l'idea è stata lanciata davvero sebbene sia forse troppo futuribile) anche se ultimamente si sta percorrendo, non senza problemi, la strada realisticamente percorribile, vale a dire le auto a guida autonoma. Intanto i conti sono in rosso: le perdite nel 2017 ammontano a 4,5 miliardi e secondo i calcoli TechCrunch la società spende 1,55 dollari per ogni dollaro che guadagna (la società fa enormi investimenti). I ricavi però viaggiano veloci: nel 2017 ammontano a 7,4 miliardi (nel 2016 erano 5,5 miliardi). Unico segnale positivo la riduzione della perdita nel quarto trimestre, che è ammontata a 1,1 miliardi in calo dagli 1,46 miliardi del terzo trimestre. Le prenotazioni trimestrali sono aumentate nello stesso periodo del 14 % a 1,1 miliardi di dollari. Ed è proprio la crescita di questi fattori che consente ad Uber di attrarre investimenti ingenti (oltre 16 miliardi raccolti dalla fondazione): la compagnia opera in perdita per far fuori la concorrenza e crescere velocemente in termini di quote di mercato, a discapito dei concorrenti come Lyft, altro servizio molto popolare tra i giovani americani. Sui rapporti con i concorrenti e le dinamiche di mercato scriveremo molti altri articoli e capiremo ancor di più l'antipatia (spesso fondata e giustificata) nei confronti di questa splendida, amata e odiata, tech company americana.

Travis Kalanick, founder of Uber (photo by Reuters)
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